Una vedova allegra appesantita dalla guerra
di
Gabriele Isetto
Nel
1905 il compositore austriaco Franz Lehár scrisse una delle sue operette più
famose: La vedova allegra, una
commedia brillante ricca di equivoci amorosi, ironia e spirito leggero. Questa
piccola premessa è fondamentale per il lavoro che è stato fatto nella nuova
produzione che ha visto coinvolti il Teatro Politeama Greco di Lecce e il
Teatro Goldoni di Livorno.
In
questo nuovo allestimento i registi Giandomenico Vaccari e Alessandro Idonea
hanno voluto per forza inserire un accenno alla guerra (oggi se in uno
spettacolo classico non si inserisce la guerra non siamo contenti!),
ambientando l’operetta pochissimi giorni prima della Grande Guerra. A tal fine
hanno ideato un prologo e un epilogo inediti, nei quali i due protagonisti, al
termine della vicenda, finiranno per cadere in disgrazia.
Come
sempre, l’Orchestra del Teatro Goldoni si è dimostrata all’altezza della
situazione: sotto la guida di Gianluca Martinenghi ha saputo diffondere in
platea la gioia e la spensieratezza della musica coinvolgendo il pubblico fino
a spingerlo a battere le mani durante uno dei momenti più celebri dell’opera,
«È scabroso le donne studiar».
Non
male anche il Coro del Teatro Goldoni, diretto da Maurizio Preziosi, che come
sempre ha mostrato una buona qualità sonora ma che, probabilmente per una
scelta registica, è risultato fin troppo statico in scena.
All’interno
del numerosissimo cast si sono particolarmente distinti Michele Patti
(Danilowitsch) e Nikolina Janevska (Valencienne), entrambi dotati di ottime
qualità vocali e di una convincente presenza scenica. Il resto della compagnia
era formato da: Francesco Palmieri (Barone Zeta), Rosanna Lo Greco (Hanna),
Marco Puggioni (de Rossillon), Lusi Javer Jimenez Garcia (Visconte di Cascada),
Antonio Menicucci (Brioche), Andrea Dal Canto (Bogdanowitsch), Lucia Bartalesi
(Sylviane), Franco Bocci (Kromw), Valentina Ferrarese (Olga), Giorgio Ridolfi
(Pritschitsch), Elena Naldi (Praskowia), Alessandro Idonea (Njegus) e
Alessandro Guerrini (Settiminio).
Poco
convincente l’impianto visivo dello spettacolo, curato da Giacomo Callari. La
scenografia risulta infatti quasi del tutto assente, fatta eccezione per pochi
arredi, peraltro appropriati. A penalizzare l’allestimento è stato però l’uso
eccessivo di immagini prive di un chiaro significato, come la presenza di Zio
Paperone o di un grande acquario, elementi di cui non si comprende la funzione
drammaturgica.
Meglio riusciti i costumi, tutti adeguati e coerenti con la trama. Gli abiti, eleganti e ben caratterizzati, contribuiscono a delineare con chiarezza i personaggi e a restituire l’atmosfera mondana dell’operetta, offrendo uno degli aspetti visivi più convincenti dell’allestimento.
Meglio riusciti i costumi, tutti adeguati e coerenti con la trama. Gli abiti, eleganti e ben caratterizzati, contribuiscono a delineare con chiarezza i personaggi e a restituire l’atmosfera mondana dell’operetta, offrendo uno degli aspetti visivi più convincenti dell’allestimento.
Resta
dunque la sensazione di un allestimento musicalmente valido, ma penalizzato da
scelte registiche e visive discutibili, che snaturano in parte la leggerezza e
l’ironia proprie dell’operetta di Lehár, tradendone lo spirito originario.





