Rigoletto all’Arena di Verona: Mantova rivive in ogni dettaglio scenico

di Gabriele Isetto



Un titolo molto amato dagli amanti dell’opera lirica è tornato all’Arena di Verona: il Rigoletto di Giuseppe Verdi. Per l’edizione di quest’anno è stato riproposto l’allestimento firmato da Ivo Guerra, che ha ricreato alla perfezione lo spirito dell’opera verdiana e se il compositore fosse stato in Arena sarebbe stato certamente soddisfatto dell’aspetto visivo.


Raffaele del Savio ha fatto un ottimo lavoro con le scenografie ispirate ai bozzetti dell’edizione areniana del 1928 dello scenografo Ettore Fagiuoli, che riproducono fin nei minimi dettagli la città di Mantova con il Castello di San Giorgio sullo sfondo. Il libretto di Piave vorrebbe che il primo atto si svolgesse durante la festa in una sala magnifica nel Palazzo Ducale, invece l’azione è stata spostata nella Camera di Amore e Psiche di Palazzo Te, con dei grandi pannelli dove sono ricreati minuziosamente gli affreschi di Giulio Romano: tutto questo è stato possibile grazie alla collaborazione tra la Fondazione Arena e i Musei Civici di Mantova. Molto bello il terzo atto dove è stata ricostruita la locanda di Sparafucile sulle rive del Mincio, con tanto di barca da cui arrivano Rigoletto e Gilda. Stupendi anche i costumi realizzati da Carla Galleri, molto raffinati e che variano da abiti lussuosi per il ballo, fino ad arrivare a quelli più semplici ma efficaci per il tragico finale.


Il giovane Michele Spotti dirige l’Orchestra della Fondazione Arena con precisione e sensibilità, trasformando il ritmo in linguaggio emotivo. Alcuni tempi rallentati rivelano sfumature verdiane e momenti di sospensione. La tensione cresce fino a un finale senza pause, che cattura il pubblico fino all’ultima nota.
Come sempre è stato fantastico il coro che ha ottenuto moltissimi applausi, anche a scena aperta, guidato magistralmente da Roberto Gabbiani.


Molto convincente tutto il cast a partire dalla bravura di Ludovic Tézier nel ruolo del protagonista più riflessivo che impulsivo, la cui vera esplosione emotiva arriva nel tragico duetto finale con Gilda; Nina Minasyan interpreta una Gilda dalla vocalità perfetta per le sfumature più delicate e che colpisce nel secondo atto per l’intensità con cui esprime il terrore e lo smarrimento dopo il rapimento e la violenza subita; Alti e bassi per il Duca di Mantova interpretato da Pene Pati: l’inizio è un po’ sottotono, ma nel secondo atto l’artista si riprende con decisione. Peccato per la debolezza improvvisa nell’acuto finale di “La donna è mobile”. Nulla da eccepire, invece, sulla sua perfetta presenza scenica. Molto convincenti Gianluca Buratto (Sparafucile) e Martina Belli (Maddalena): lui, con il timbro scuro perfetto per un sicario, lei affascinante e seducente nei confronti del Duca. Insieme hanno offerto un’ottima interpretazione nel duetto della tempesta. Il resto del cast si è distinto per l’ottima prova: Agostina Smimmero (Giovanna), Nicolò Ceriani (Marullo), Matteo Macchioni (Matteo Borsa), Hidenori Inoue (Ceprano), Francesca Maionchi (Contessa di Ceprano), Ramaz Chikviladze (Usciere) e Elisabetta Zizzo (Paggio). Una menzione speciale per il Conte di Monterone, interpretato da Abramo Rosalen, perfetto sia dal punto di vista musicale che interpretativo.


Si può tranquillamente affermare che questo Rigoletto ha avuto un ottimo successo di pubblico, composto soprattutto da persone mature e da un buon numero di stranieri, essendo l’Arena un’eccellenza italiana nel mondo.
 
Le foto a corredo dell’articolo sono di © Ennevifoto

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