Intervista a Pier Luigi Pizzi

di Gabriele Isetto



Il maestro Pier Luigi Pizzi, regista e direttore artistico e del 70° Festival Puccini di Torre del Lago mi ha gentilmente concesso questa intervista.
 
La stagione 2024 del Festival Pucciniano la vede nella veste di direttore artistico. Il pubblico è composto sia da appassionati che da turisti che a volte si approcciano per la prima volta alla lirica. Quant’è difficile la sfida di accontentare entrambi?
 
Ho l’abitudine di mettermi nei panni del pubblico ogni volta che metto in scena uno spettacolo.
E’ importante sapere a che tipo di spettatori mi rivolgo. Nel caso specifico di Torre del Lago sono più di tremila e per la maggior parte turisti in vacanza nelle spiagge della Versilia o nelle vicine città d’arte Pisa e Lucca. Ci sono i melomani  e gli affezionati del Festival, ma per la maggior parte curiosi in cerca di svago. Le Willis, Edgar di Giacomo Puccini? Mai sentito nominare!
Allora bisogna proporre letture chiare e dirette, musicalmente di alta qualità e cast di buon  livello. Immagini di forte impatto. Un teatro popolare deve far scoprire l’opera come il compositore l’ha concepita. Senza tradimenti, con rispetto e fiducia.
 
Su quali basi ha deciso quali opere mettere in scena e quali invece escludere?
 
Propongo un percorso in ordine cronologico. In apertura le prime due, Le Willis ed Edgar , ancora sperimentali, poi Manon Lescaut, il primo capolavoro, con La Bohème, e Tosca. In chiusura Turandot, nella versione che il Maestro ci ha lasciato , là dove si spengono insieme il respiro di Liù e quello dell’Autore. Momento sublime che non ammette seguito.
 
Negli ultimi anni spesso l’opera viene attualizzata per la paura che risulti troppo “polverosa” ma non sempre il risultato è azzeccato e facilmente gli ambienti e le epoche vengono stravolti rispetto al libretto creando confusione. Lei come si pone di fronte a questo problema? Come riesce a dare freschezza senza “tradire” il compositore e il librettista?
 
Per restare su Puccini, le sue opere non hanno a mio parere bisogno di interventi drammaturgici fuorvianti, perché i loro personaggi sono sempre attuali e in loro ci si può ancora riconoscere. Invece bisogna togliere polvere alla rappresentazione con ambientazioni ripensate in una nuova estetica , anche con l’aiuto essenziale di una tecnologia in continua evoluzione.
 
Spesso lei oltre alla regia cura anche scenografie e costumi, perché non delega ad altri?
 
Perché dovrei? Ho una formazione di architetto e per anni mi sono dedicato alla scenografia e ai costumi. Da quando sono passato alla regia, ho assunto la responsabilità totale di ogni mio spettacolo, assicurandomi nel bene e nel male una personale unità di stile.

So che lei è molto appassionato di storia dell’arte. Qual è il suo artista preferito e perché?
Mi sembra riduttivo designare un solo artista a rappresentare secoli di storia dell’arte. Potrei dire Leonardo o Michelangelo e perché non Raffaello? Scelte ovvie. Forse quello che sento più vicino, da uomo di teatro, è Caravaggio.
 
Dove trova l’ispirazione per la realizzazione delle scenografie e dei costumi per le sue regie?
 
Moltissimo dallo sterminato accumulo di immagini sedimentate nella mia mente in tanti anni di viaggi, di visite ai musei, di frequentazioni di biblioteche. Anche semplicemente guardandomi attorno, ogni giorno.
 
Coraggioso mettere in scena la Turandot facendola terminare dove il Maestro morì. Perché questa scelta?
 
Doverosa scelta. Sono convinto che con la morte di Liù, Puccini aveva già scritto tutto ciò che c’era da dire. Il resto è silenzio.

Parliamo ancora di Turandot. L’ambientazione è quella di una Cina “fiabesca” come la ideò Puccini oppure si è preso qualche libertà?
 
E’ la quarta volta che mi confronto con quest’opera e ogni volta per sottrazione. Non mi interessa l’esotismo floreale cinese di tipo fiabesco. Piuttosto recupero qualche strizzata d’occhio alle maschere della commedia di Carlo Gozzi, che ho recentemente messo in scena a Venezia. Ma l’accento è sul lato oscuro della storia dominato dall’inquietante presenza della morte.
 
Due anni fa a Torre del Lago vidi la sua Tosca che proveniva dall’Opera di Roma. Cosa vedremo di diverso quest’anno riguardo alla scenografia ed i costumi?
 
Si vedrà una versione diversa, non più ambientata negli anni quaranta dell’era fascista, ma come da libretto, in epoca napoleonica.

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