Dopo tredici anni il gradito ritorno di Bohéme all’Arena di Verona firmata da Alfonso Signorini

di Gabriele Isetto



Alfonso Signori, personalità poliedrica il cui amore è però la musica, ha allestito nella magnifica cornice dell’Arena di Verona una nuova versione della Bohème di Puccini che mancava da tredici anni su questo palcoscenico. Signorini già nel 2018 si era cimentato con questo titolo pucciniano mettendolo in scena a Torre del Lago.
A Verona il regista, come lui stesso afferma nelle note di regia, scava a fondo del libretto mettendo in evidenza quello che non si vede in altre messinscene: ad esempio nel primo atto, mentre i quattro ragazzi cantano e si divertono nel loro appartamento, al piano di sopra possiamo vedere Mimì che sbriga delle faccende e ciò fa si che bruci la sua cena; questa è sicuramente una scelta interessante da un punto di vista registico ma purtroppo molto dispersiva per lo spettatore, infatti si è portati ad osservare la gestualità di Mimì venendo distratti a discapito dell’azione principale.


Daniel Oren dirige egregiamente l’Orchestra dell’Arena anche se, dando dei tempi allungati e mettendo quindi alla prova la vocalità dei protagonisti, talvolta sembra quasi che non ci sia un adeguato scambio tra orchestra e cantanti. Perfetto il coro, molto ben preparato per quest’opera.
Tutti eccellenti i cantanti a partire dalle due coppie di innamorati: Mimì è stata interpretata dalla bravissima Juliana Grigoryan, Vittorio Grigolo ha ricoperto il ruolo di Rodolfo ed assieme hanno dato vita a momenti molto intimi ed emozionanti specialmente nell’ultimo atto. L’altra coppia è formata dagli eccellenti Luca Micheletti ed Eleonora Bellocci rispettivamente Marcello e Musetta che, a differenza di quella formata da Mimì e Rodolfo, è una coppia a tratti più divertente per i loro battibecchi. Si sono distinti per il loro timbro vocale e per il loro fraseggio Jan Antem (Schaunard) e Alexander Vinogradov (Colline). Da citare anche gli altri quattro cantanti, essenziali per la storia ma personaggi di contorno: Salvatore Salvaggio (Alcindoro), Riccardo Rados (Parpignol), Nicolò Rigano (Sergente dei doganieri) e Carlo Bombieri (doganiere).


Spettacolare e ben strutturato l’aspetto visivo grazie alla fantastica scenografia di Gulliermo Nova, quasi come se l’azione di tutta l’opera si svolgesse in un museo. Al centro del palcoscenico è presente un’imponete struttura che ricrea sul davanti la soffitta, mentre nella parte posteriore il caffè Momus; il resto dello spazio è innevato e sono presenti alcuni lampioni ad olio: tutti questi elementi sono circondati da enormi tele dipinte (che danno appunto l’idea di un museo) dove sono raffigurate le tipiche architetture di Parigi. Nel secondo atto, un grande spettacolo nello spettacolo: giocolieri, trampolieri ed acrobati e per finire coriandoli sparati in aria. Bellissimi anche i costumi, tutti molto colorati e vivaci, tipici della Belle Epoque.
Scroscianti gli applausi finali per i cantanti, il direttore e per il regista d’orchestra che hanno dimostrato il successo di questa messinscena.
 
Le foto a corredo dell’articolo sono di © Ennevifoto

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