Hai sbagliato il raffronto: il regista di Boheme ha sbagliato collocazione
di
Gabriele Isetto
«Non
voglio vedere queste scene!» Così ha esordito il maestro Alberto Veronesi alla
prima della Bohème di Giacomo Puccini
in scena al Festival Torre del Lago Puccini 2023 salendo sul podio con una
benda sugli occhi per manifestare platealmente la sua contrarietà nei confronti
della scelta registica; la serata è partita con una forte disapprovazione nei
suoi confronti che è sfociata quasi nell’insulto da un parte del pubblico.
Parlando
della messinscena dell’opera il regista Christophe Gayral ha realizzato, a
parere di chi scrive, una visione inadeguata dell’opera pucciniana e non perché
è stata trasposta in altra epoca, ma perché non colgo il collegamento tra lo
spirito bohémien dei personaggi
voluti da Puccini e il forte impegno politico dei ragazzi del ’68 parigino,
epoca in cui il regista ha ambientato l’opera. Mentre i primi vivevano di sogni
e di arte ed erano ancora lontani da gli ideali de la Comune del 1871, i
secondi avevano ideologie ben radicalizzate.
Lo
spettacolo si è trasformato quasi in un comizio, infatti la scenografia di
Christophe Ouvrard è intrisa di simboli politici. La soffitta diventa un centro
di incontro di giovani rivoluzionari tant’è che c’è la scritta “la verità è
rivoluzionaria”, dipinti con il pugno chiuso, volantini con scritto “lo stato
sono io” e una gigantografia del generale De Gaulle. Nel secondo atto invece la
folla che si appresta agli acquisti di Natale si trasforma in un corteo dove
sono presenti striscioni con scritto “patria” “famiglia” “Dio” e “tradizione”,
un chiaro riferimento al governo Meloni. Di conseguenza, anche i costumi di
Tiziano Musetti rappresentano la gioventù dell’epoca e quindi Mimi è in stivali
e minigonna e Musetta quasi una diva hollywoodiana.
Al
di là delle polemiche, la direzione d’orchestra è stata eccellente come la performance dell’orchestra stessa e
dello storico coro guidato da Roberto Ardigò.
Altrettanto
bravi i cantanti, senza particolari eccellenze, ma tutti calati al meglio nei
rispettivi ruoli: Claudia
Pavone (Mimì), Oreste Cosimo (Rodolfo), Federica Guida (Musetta), Alessandro
Luongo (Marcello), Sergio Bologna (Schaunard), Antonio Di Matteo (Colline),
Francesco Auriemma (Benoit e Sergente dei doganieri), Alessandro Ceccarini
(Alcindoro) e Marco Montagna (Parpignol).
Nel
finale, dopo la morte di Mimì, entra in scena il coro con cartelli a difesa
dell’ambiente e di protesta politica. Purtroppo anche questo è stato oggetto di
forte tensione, tanto che sono volate parole grosse tra una parte del pubblico
che ha apprezzato la scelta registica e una parte che invece inveiva contro
tale scelta. Ha fare le spese di tutto ciò sono stati i cantanti e gli
orchestrali che hanno subito la tensione che si respirava e non hanno avuto il
giusto riconoscimento che meritavano a fine spettacolo.