L’italiana in Algeri tra alti e bassi
di
Gabriele Isetto
L’ultima
rappresentazione a Livorno de L’italiana
in Algeri di Gioachino Rossini risale al 1877 e solo oggi ritorna sul
palcoscenico del Teatro Goldoni in un allestimento particolare di Emanuele Gamba,
che però non ha convinto pienamente il pubblico.
La
serata è stata sicuramente importante, vista la presenza in sala l’ambasciatore
della Repubblica di Slovenia in Italia S. E. Matjaž Longar, perché lo
spettacolo andato in scena è coprodotto dal Teatro Goldoni insieme alla SNG
Opera Ljubljana dove ha debuttato lo scorso febbraio.
Veramente buona la direzione del maestro Marko Hribernik che ha guidato gli strumenti, ben rendendo il vortice di musica giocosa così come richiesto dalla partitura rossiniana, non a caso denominata dramma giocoso.
Veramente buona la direzione del maestro Marko Hribernik che ha guidato gli strumenti, ben rendendo il vortice di musica giocosa così come richiesto dalla partitura rossiniana, non a caso denominata dramma giocoso.
La
vicenda dell’opera è semplice da seguire e scevra di intrighi e non sono moltissimi
i personaggi che danno vita alla vicenda. Sul palcoscenico si sono esibiti
sette cantanti: poco convincenti vocalmente Bryan Lòpez Gonzàles e Abramo
Rosalen nei rispettivi ruoli di Lindoro e Mustafà, anche se Gonzàles ha il
pregio di avere ottime doti recitative; Bravissimi invece Paolo Ingrasciotta
(Taddeo) e Alberto Comes nel ruolo di Haly che, anche se leggermente
indisposto, come annunciato prima dell’inizio, ha invece dato un’ottima prova
calandosi alla perfezione nel suo personaggio; Niente da obiettare sui ruoli
femminili di Laura Verrecchia (Isabella), Yulia Merkudinova (Elvira) e Diana
Turtoi (Zulma) ottime voci e presenza scenica, applaudite più volte a scena
aperta.
Parlando
del coro, Maurizio Preziosi ha guidato il gruppo che ha ben figurato ma che
forse è risultato un po’ troppo statico a parte i personaggi degli eunuchi.
Non convince invece l’aspetto visivo dello spettacolo. Una scenografia quasi inesistente di Massimo Checchetto costituita solamente dai fondamentali arredi di scena che di volta in volta venivano spostati e intersecati tra loro dagli stessi personaggi e che simboleggiano vari luoghi e varie situazioni. Come afferma lo stesso regista: «E quando si diventa pazzi per un amore che nasce o un amore che muore, tutto vortica e s’intreccia come in un crescendo che pare farci esplodere menti e cuori.».
Non convince invece l’aspetto visivo dello spettacolo. Una scenografia quasi inesistente di Massimo Checchetto costituita solamente dai fondamentali arredi di scena che di volta in volta venivano spostati e intersecati tra loro dagli stessi personaggi e che simboleggiano vari luoghi e varie situazioni. Come afferma lo stesso regista: «E quando si diventa pazzi per un amore che nasce o un amore che muore, tutto vortica e s’intreccia come in un crescendo che pare farci esplodere menti e cuori.».
Veramente
inadeguati i costumi di Carlos Tieppo perché non si capisce che tipo di
impronta si voleva dare all’opera: infatti gli abiti spaziano da lunghe tuniche
colorate, ad abiti da sera luccicanti fino ad arrivare a bermuda, bretelle e
polo contemporanee, creando confusione.
Tutto
sommato la serata è comunque riuscita grazie alla sempre piacevole musica di
Rossini, alle performance di gran parte del cast e anche grazie all’importante
presenza dell’ambasciatore della Repubblica Slovena, un incontro molto
importante tra la città di Livorno ed altri paesi.