Minchia signor tenente: in ricordo di Falcone e Borsellino
di
Gabriele Isetto
L’Arma
dei Carabinieri sale sul palcoscenico nello spettacolo Minchia signor tenente scritto da Antonio Grosso e con la regia di
Nicola Pistoia. Si tratta di una commedia amara, quasi a ricordare i lavori di
Eduardo De Filippo, dove si ride ma si riflette anche.
La
storia si svolge nel 1992 in un piccolo e non meglio precisato paese della
Sicilia. I carabinieri che sono lì in servizio provengono tutti da regioni
diverse e già qui scattano le risate perché mal si comprendono tra loro, ma in
questo borgo non succede mai nulla, tranne quando entra in gioco il classico
“matto del paese” con le sue strampalate denunce e anche questo suscita risate
e quindi durante tutto il primo atto la comicità è assicurata. Le cose però
cambiano nel secondo atto quando il nuovo tenente sceglie due carabinieri per
fare da scorta a un giudice di cui non viene mai fatto il nome, ma è un chiaro
richiamo alle vicende di Falcone e Borsellino. Non si ride più nel secondo
atto, ma si riflette su questa vicenda che si concluderà tragicamente come purtroppo
tutta l’Italia sa bene.
Un
ottimo cast ha portato in scena questa commedia/dramma, tutti molto efficaci
gli attori che si sono calati nei rispettivi personaggi compreso lo stesso
drammaturgo Antonio Grosso che interpreta uno dei carabinieri. Accanto a lui
troviamo: Martina Zuccarello, Adriano Aiello, Antonello Pascale, Francesco Nannarelli, Gaspare Di Stefano, Francesco Siggillino e Gioele Rotini.
Semplice
ma molto ben curata la scenografia di Fabiana Di Marco che ricrea l’interno
della caserma. Buoni anche i costumi di Maria Marinaro che ripropongono
fedelmente il mondo dell’Arma dei Carabinieri.
Molto forte la tematica che viene toccata: la mafia, che assume un forte significato nel secondo atto ma soprattutto nel finale dello spettacolo dove sulla canzone Fango di Jovanotti scorrono delle immagini che rappresentano tutte le vittime della mafia tra cui i giudici Falcone e Borsellino.
Dopo gli applausi finali Antonio Grosso e gli altri membri del cast hanno letto al pubblico una profonda lettera, scritta da Salvatore Borsellino, in occasione di questo spettacolo proprio per non dimenticare.
Molto forte la tematica che viene toccata: la mafia, che assume un forte significato nel secondo atto ma soprattutto nel finale dello spettacolo dove sulla canzone Fango di Jovanotti scorrono delle immagini che rappresentano tutte le vittime della mafia tra cui i giudici Falcone e Borsellino.
Dopo gli applausi finali Antonio Grosso e gli altri membri del cast hanno letto al pubblico una profonda lettera, scritta da Salvatore Borsellino, in occasione di questo spettacolo proprio per non dimenticare.