Le innovazioni registiche di Davide Livermore non hanno stravolto la Manon Lescaut di Puccini
di
Gabriele Isetto
Convince
la regia di Davide Liveromore, ripresa da Alessandra Premoli, della Manon Lescaut al Teatro Carlo Felice di
Genova, che ha attualizzato l’opera ma senza sradicarla, facendo iniziare la
storia con un Des Grieux ormai vecchio che come in un flashback ricorda il suo amore per Manon.
Ottima
la direzione di Donato Renzetti che ha guidato l’Orchestra del Teatro in modo
magistrale non perdendosi in inutili divagazioni ma focalizzandosi
perfettamente sulla partitura di Puccini soprattutto nell’intermezzo del III
atto e guidando con maestria i cantanti.
I
protagonisti dell’opera sono stati interpretati da due eccellenti interpreti:
Monica Zanettin e Francesco Pio Galasso entrambi con un bellissimo timbro
vocale e perfettamente immedesimati nei rispettivi ruoli di Manon e Renato Des
Grieux. La potente voce di Enrico Marabelli ha dato vita in modo impeccabile al
fratello di Manon. Veramente bravo il giovane Giuseppe Infantino che si è
calato egregiamente nella parte di Edmondo. Forse tra tutti i personaggi
secondari della storia si è distinto specialmente nel secondo atto Matteo
Peirone (Geronte). Più che soddisfacenti gli altri membri del cast: Claudio
Ottino (l’oste), Francesco Pittari (maestro di ballo e lampionaio), Gaia
Petrone (musico), Matteo Armanino (sergente degli arcieri), Loris Purpura
(comandante di marina). Da sottolineare la presenza di due attori veramente
bravi e con ottima presenza scenica: Simone Tudda nella parte del parrucchiere
di Manon e Roberto Alinghieri nel ruolo del vecchio Des Grieux sempre presente
nelle arie più intime cantante da Zanettin e Galasso.
Sotto
la guida di Francesco Aliberti, brillante come sempre il Coro del Teatro con
perfette doti canore specialmente nel primo atto.
Veramente
bello l’impianto scenografico curato dallo stesso regista insieme a Giò Forma:
di base un grande arco a tutto sesto che da il senso della profondità e che di
volta in volta viene arricchito da molti elementi scenici per far capire dove
Livermore ha voluto ambientare l’opera: una stazione ferroviaria nel primo
atto, una casa di tolleranza nel secondo ed il porto per il terzo. Per quanto
riguarda il quarto atto, a parere di chi scrive, è stata fatta una giusta
scelta molto convincete: nel libretto la trama si svolge in una landa deserta
(e non si capisce nemmeno come Manon e Des Grieux ci siano arrivati), ma il
regista invece sceglie un luogo ben preciso, collocando l’azione in un centro
accoglienza di Ellis Island, dove negli anni Cinquanta sbarcavano gli immigrati
in America. In perfetta sintonia con la scenografia i bei costumi curati da
Giusi Giustino.
Lunghi
e meritati applausi a fine opera hanno dato prova della buona riuscita dello
spettacolo, con scelte registiche innovative ma che non hanno tolto niente alla
partitura e soprattutto non hanno deturpato totalmente il libretto, come
purtroppo oggigiorno usano fare alcuni registi.