Imparare a vivere con L’attimo fuggente
di
Gabriele Isetto
Domenica
12 gennaio gli spettatori del Teatro del Giglio di Lucca entrando per assistere
allo spettacolo L’attimo fuggente si sono trovati davanti il sipario aperto ed
una scenografia all’apparenza estremamente essenziale creata, come anche i
costumi, da Maria Carla Ricotti; sei semplici sedie che di volta in volta
assumeranno significati simbolici divenendo banchi o rocce di una grotta, “contenute”
da due tele bianche che durante lo spettacolo prendono però vita, ospitando
proiezioni di immagini e testi, avvolgendo gli attori nel mondo della Welton
Academy i cui fondamenti sono tradizione, onore disciplina e eccellenza, il
tutto aiutato dalle eccellenti luci di Valerio Tiberi ed Emanuele Agliati.
Il
testo per il teatro, di quello che nel 1989 fu un film di enorme successo, è
stato adattato dallo stesso autore che vinse l’oscar per la miglior
sceneggiatura originale del film, Tom Schulman che è riuscito a concentrare in
un atto unico gli entusiasmi e la filosofia
del carpe diem alla base di tutto.
Tutto
il rigore del collegio è ben reso sul piano attoriale dalla prova di Mimmo
Chianese che adotta il giusto piglio severo ed autoritario del preside Nolan,
da convinto sostenitore della disciplina anche a scapito delle reali aspirazioni
degli studenti. Quelle stesse aspirazioni che non riesce proprio a comprendere
il personaggio del signor Perry, interpretato magistralmente da Marco Massari
che tramette al meglio tutto il lacerante conflitto padre – figlio, aiutato in
questo dalla recitazione del promettente Matteo Vignati, nel ruolo di Neil
Perry, in cui brucia il sacro fuoco della ribellione ad un ordine precostituito
da accettare a prescindere. Buona anche la prova degli altri giovani attori
Alessio Ruzzante, Matteo Napoletano, Matteo Sangalli, Leonardo Larini, Edoardo
Tagliaferri e Sara Giacci che riescono a ben caratterizzare i loro personaggi.
Ma chi accende ed alimenta il sacro fuoco negli appartenenti alla setta dei
poeti estinti? Il professor Keating, il ruolo più difficile perché inevitabile
è il confronto con il compianto Robin Williams, ma Ettore Bassi riesce a no
imitarlo e con la sua recitazione spigliata e credibile si cala nei panni del
personaggio trasmettendone tutta la passione tanto da diventare un faro che
spicca nel grigiore della scuola per i suoi allievi.
Il
regista Marco Iacomelli ha giustamente optato per una scenografia minimale, una
recitazione mai eccessiva proprio per lasciare spazio al messaggio che può
risultare banale e scontato ma non è così.
Cogliere
l’attimo, vivere ogni momento della propria vita non da spettatori ma da
attori, non conformarsi al volere altrui ma essere curiosi, non accettare
passivamente verità precostituite ma avere libertà di pensiero, essere unici.
Questa la vera lezione che impartisce il professor Keating, imparare a vivere.
Uno
spettacolo da consigliare a chi ha sognato con il film ma soprattutto ai
ragazzi di oggi che, seppur non generalizzando, troppo spesso in questa era
social si fermano all’apparenza dei like tralasciando la vera sostanza.