Il silenzio grande ha tutte le carte in regola per diventare un classico
di
Gabriele Isetto
Strepitoso
e meritato successo per uno dei migliori spettacoli del cartellone di prosa
2019/2020 del Teatro del Giglio di Lucca, stiamo parlando de Il silenzio grande, commedia in due atti
scritto dal famoso scrittore Maurizio de Giovanni, rinomato giallista autore
tra l’altro della saga I bastardi di
Pizzofalcone da cui è stata tratta la famosa serie televisiva.
Il
trionfo di questo spettacolo è dovuto al fatto che tutti i codici del teatro
(scenografia, costumi, luci, musiche, mimica dei personaggi ecc) funzionano e
sono in sintonia tra loro, partendo dalla regia affidata ad Alessandro
Gassmann, che fa anche un piccolo e particolare cameo.
Partendo
dalla drammaturgia, non sempre chi è un ottimo scrittore è anche un ottimo
drammaturgo teatrale però in questo caso è così. Oltre ad importanti tematiche
come il rapporto familiare, il tempo che scorre o i piccoli silenzi cioè quelle
cose non dette che poi inevitabilmente porteranno a un silenzio grande,
troviamo sia degli elementi che ricordano molto il teatro di Eduardo, sia delle
tinte quasi da romanzo giallo con una sorpresa finale.
Veramente
bravi i cinque attori protagonisti di questa commedia drammatica: spigliati e
dinamici i due giovani della compagnia che interpretano i figli, Paola Senatore
(Adele) e Jacopo Sorbini (Massimiliano). Molto convincente, con una recitazione
misurata, Stefania Rocca nel ruolo della moglie Rose. Eccezionali però
Massimiliano Gallo e Monica Nappo nei rispettivi ruoli di Valerio Primic e
Bettina che danno un’interpretazione unica e straordinaria sia da un punto di
vista recitativo che mimico.
Ottima
la regia di Gassmann che usa la scenografia di Gianluca Amodio, che rappresenta
la biblioteca/studio di Primic, ma soprattutto le videoproiezioni di Marco
Schiavoni e le luci di Marco Palmieri, per rendere ancor più accattivante lo
spettacolo e variandone l’uso a seconda che voglia sottolineare i momenti più
divertenti o mettere in luce l’intimità dei personaggi illuminandoli con
l’occhio di bue. Durante i saluti finali vengono proiettati i nomi dei
personaggi, con i relativi nomi degli interpreti, come fossero titoli di coda.
Convincenti
anche i costumi di Mariano Tufano che richiamano la moda italiana, in
particolare quella della borghesia napoletana dei primi anni ’70.
Uno
spettacolo che merita assolutamente di essere visto, quindi se lo trovate nei
cartelloni della vostra città oppure nelle vicinanze, non dovete perdere
l’occasione di assistere ad uno dei migliori testi del teatro contemporaneo
destinato, a mio modesto parere, a diventare un classico.
Le
foto a corredo dell’articolo sono di © Manuela Giusto