Il Trovatore in stile Game of Thrones
di
Gabriele Isetto
La
nuova stagione lirica del Teatro Carlo Felice di Genova ha inaugurato con il
botto grazie ad un titolo iconico per il melodramma italiano: Il Trovatore di Giuseppe Verdi.
Intelligente
la scelta della regista Marina Bianchi che ha strizzato l’occhio alle fiction
televisive, dando vita ad un’opera per certi aspetti molto vicina al
famosissimo Trono di spade. Infatti,
la storia del Trovatore potrebbe
benissimo essere inserita in un episodio di questa serie, non solo per la
storia ricca di intrighi, amore e morte, ma anche per l’epoca medievale in cui
è ambientata. Ed è proprio sulla falsa riga di Game of Thrones che Sofia Tasmagambetova e Pavel Dragunov,
coadiuvati per la scenografia da Leila Fteita, hanno realizzato una bellissima
e suggestiva ambientazione che grazie al girevole del Teatro riproduce il
grande castello del Conte di Luna con due grandi torri, un ponte levatoio,
bandiere e macchine medievali. Anche i bei costumi, appartenenti alla stessa
epoca, colpiscono gli spettatori.
L’Orchestra
del Teatro è stata diretta in maniera eccellente dal maestro Andrea Battistoni
che ha fatto risuonare le note della partitura verdiana in maniera chiara e
limpida.
Veramente
bravo il coro guidato da Francesco Aliberti che ha saputo rendere giustizia
all’opera di Verdi e che, come in tutte le sue opere, è uno dei protagonisti
principali.
La musica composta dal Maestro o meglio una precisa nota
musicale,il mi minore, accompagna per tutta l’opera il personaggio di Azucena,
interpretato da una bravissima Violeta Urmana con un profondo timbro vocale
come richiede il personaggio, che incarna in se tutti i pregiudizi dell’epoca,
attuali tutt’oggi verso gli zingari, e più precisamente quello che gli zingari
rapiscono i bambini. Da qui inizia tutta l’intricata trama del melodramma che
gira attorno alla storia di due bambini, uno dei quali verrà bruciato per
errore dalla propria madre in cerca di vendetta. Quest’opera è uno dei rari
casi in cui inizialmente è presente un antefatto, avvenuto circa vent’anni
prima, altrimenti la trama risulterebbe incomprensibile e solo alla fine tutto
verrà svelato grazie alle ultime parole pronunciate da Azucena al Conte di
Luna: “Egli era tuo fratello!”. Di
conseguenza, il prologo è fondamentale anche perché in esso Verdi inserisce
alcune parole chiave che permettono allo spettatore di districarsi nella
vicenda. Questa è la parte più forte di tutto il melodramma in confronto alla
quale, la classica storia amorosa di Leonora (una bravissima Vittoria Yeo) contesa
tra il Conte di Luna (un’eccellente Massimo Cavalletti, applaudito più volte a
scena aperta ) e Manrico (un bravo Marco Berti) passa quasi in secondo piano,
mantenendo comunque una certa rilevanza.
Molto bravi anche gli altri componenti del cast: Mariano
Buccino (Ferrando), Marta Calcaterra (Ines), Didier Pieri (Ruiz), Filippo
Balestra (un vecchio zingaro) e Antonio Mannarino (un messo).
Una messinscena classica ma non “polverosa” ha ottenuto un
grandissimo e meritato successo di pubblico.