Intervista a Francesco Pannofino
di Gabriele Isetto
Giovedì
13 dicembre al Cinema Teatro 4 Mori di Livorno andrà in scena la commedia Bukorosh mio nipote – il ritorno dei suoceri
albanesi. Per l’occasione, il simpaticissimo protagonista Francesco
Pannofino mi ha gentilmente concesso un’intervista
Anche questa volta si
ride nuovamente con le vicende di Lucio e Ginevra, ma nello stesso tempo si
riflette su tanti aspetti della società moderna. Quant’è importante in questo
particolare momento politico questo spettacolo?
Intanto
è importante perché parliamo di noi, del nostro tempo e di quello che ci
circonda e anche delle nostre contraddizioni, delle nostre debolezze, delle
nostre certezze che vengono a crollare, insomma, c’è né per tutti i gusti. Naturalmente
noi facciamo una commedia di Gianni Clementi che è un maestro nello scrivere il
meccanismo teatrale di una vicenda, stiamo girando tutta Italia e abbiamo
successo in tutti i teatri, perché lo spettacolo è bello, il pubblico segue la
vicenda e si diverte ai momenti di imbarazzo o di paradosso che ci sono nel
testo. Noi siamo una compagnia affiatata perché tra I suoceri albanesi e Bukorosh
mio nipote noi abbiamo superato le 250 repliche in tre anni e mezzo di tournèe.
Come evolverà il suo
personaggio rispetto ai Suoceri albanesi?
Intanto
sta per diventare nonno, e poi c’è un’avventura politica perché lui è consigliere
comunale e ci sono le elezioni. In mezzo a tutto il casino con la figlia
incinta, gli albanesi per casa, i vicini che, ognuno con i suoi drammi, vengono
a rompere le palle, ci si mettono pure le elezioni con la campagna elettorale e
quindi ne vedrete delle belle.
Lei è un bravo attore
di cinema, di teatro, un grande doppiatore, ma dove si trova più a suo agio?
Tutto
fa parte del lavoro dell’attore. Io faccio un po’ tutto perché intanto diversifico,
così almeno non mi annoio e poi sono mezzi di comunicazione diversi. Il
doppiaggio si avvale solo della voce che viene “appoggiata” sulla faccia di un
altro, però è un mestiere nobile e anche molto difficile da fare. Naturalmente
se un attore si può esprimere anche con la faccia è meglio. Però sono tutti
aspetti del mio lavoro che amo, amo fare tutto, e poi devo lavorare sennò come
faccio ad andà avanti (ride).
Tra tutti gli attori a
cui lei ha prestato la voce, a quale si sente più legato e perché?
Quelli
che ho fatto di più sono George Clooney e Denzel Washington. Diciamo che sono “affezionato”
ad entrambi perché ne ho seguito praticamente la carriera cinematografica e
quindi siamo un po’ parenti diciamo, come se fossero miei due cugini, che non
vedo mai perché abitano oltreoceano.
Se lei dovesse avere
sul suo comodino solamente un libro, quale sceglierebbe?
Un
libro? I libri sono tanti, più di uno, però se ne dovessi scegliere uno ci
metto L’isola di Arturo di Elsa
Morante perché è un romanzo che a me ha preso completamente perché ti avvolge
in questo desiderio di libertà, è un inno alla libertà e all’amore. È una
grande autrice Elsa. Ci metto questo perché sto a Reggio Calabria, davanti al
mare e penso all’Isola di Arturo. Sei
deluso? Ti aspettavi un altro libro? (ride).
Progetti futuri?
Adesso
c’è la tournèe fino al 22 dicembre,
poi devo finire le riprese di un film che si intitola Il caso Pantani, che ho cominciato a girare e devo finire perché
sono delle riprese all’estero. E poi che Dio me la mandi buona, che ti devo dì (ride). Ci sono progetti, però per ora è
inutile parlarne, se poi non si fa poi faccio la figura del pirla (ride).