Anche a teatro la diabolica cattiveria dei Roses
di Gabriele Isetto
Innanzitutto
fu un romanzo di Warren Adler nel 1981, poi un film di grande successo il cui
soggetto fu scritto sempre dallo stesso Adler, che poi decise anche di
drammatizzare la storia per il teatro. Questa la genesi dello spettacolo La guerra dei Roses andato in scena al
Teatro Goldoni di Livorno per la regia di Filippo Dini. Va sottolineato che la
scrittura teatrale differisce da quella del film e questo è un valore aggiunto
dello spettacolo che altrimenti non sarebbe altro che una mera “scopiazzatura”.
Oggi
più che mai attuale è la vicenda che narra il tragico evolversi della relazione
di una coppia, Barbara e Jonathan Roses appunto, fino al tremendo epilogo
perché Barbara, dopo tanto tempo, vuole riaffermare il suo essere donna ma
soprattutto la sua indipendenza come individuo e non solo essere “un’appendice”
del ricco marito.
I
due sono accompagnati nel loro percorso di separazione da due avvocati, una
donna per lei e un uomo per lui, e proprio quest’ultimo risulta essere, nel
caos generale, la figura più equilibrata e che invano tenta un’impossibile
riconciliazione.
La
stessa passione che contraddistingue l’inizio dell’amore tra i due, entrambi la
riportano nel farsi diaboliche cattiverie, in una trama in cui si intrecciano
commedia e dramma a tinte noir, con
un sapore vagamente alla Hitchcock.
Sul
palcoscenico nel ruolo di Barbara, Ambra Angiolini; in quello di Jonathan,
Matteo Cremon; i loro avvocati, Emanuela Guaiana e Massimo Cagnina. Da elogiare
l’interpretazione di tutti, ma in particolare quella di un’ottima Ambra
Angiolini che in questo testo riesce a fare emergere le mille sfaccettature
della sua recitazione e, vuoi anche per il ruolo che ricopre, di Massimo Cagnina,
il Danny DeVito del film, che rende con grande ironia il suo personaggio. Riuscita
l’interpretazione di Matteo Cremon che rappresenta l’uomo che si è fatto da
solo e diciamola tutta, anche un po’ maschilista. Brava anche Emanuela Guaiana
nel ruolo dell’avvocatessa forse più attenta al profitto che all’interesse
della propria cliente.
Veramente
buona la regia di Dini che ha creato un’ottima atmosfera mescolando
sapientemente luci, scenografia e costumi. La scena di Laura Benzi è concerta e
simbolica perché l’inclinazione data all’impianto scenico dell’interno di villa
Roses non rappresenta altro che il rapporto tra marito e moglie che pian piano
si incrina. Da menzionare il famoso lampadario di cristallo che è un chiaro
richiamo al film e che è punto focale della tragedia finale.
Nonostante
la durata dello spettacolo, difficile annoiarsi perché non è presentata una
trama monocorde ma, come già detto, si alternano vari sentimenti ed emozioni
che avvincono il pubblico che ha ripagato gli attori con applausi calorosi durante
i saluti finali.