Intervista a Maria Amelia Monti
di Gabriele Isetto
Il
personaggio di miss Marple, nato dalla penna di Agatha Christie sale, per la
prima volta in Italia, su un palcoscenico nello spettacolo Miss Marple Giochi di prestigio. Adattato per le scene da Edoardo
Erba e con la regia di Pierpaolo Sepe, a dar vita alla famosa detective
dilettante è Maria Amelia Monti, che per l’occasione mi ha concesso
un’intervista.
Che tipo di
interpretazione ha dato al personaggio di miss Marple e cosa mi può dire del
suo ruolo?
L’interpretazione
è stata stabilita anche dal regista che ha letto lo spettacolo come se miss
Marple entrasse come un personaggio leggero dentro una situazione molto
pesante, nel senso che entra in questo giallo dove tutti gli attori recitano,
credendo molto in quello che interpretano, mentre miss Marple entra un pochino
con un atteggiamento diverso di leggerezza e di osservazione quasi ironica della
situazione in cui è e quindi si crea un contrasto con miss Marple che
Alessandro Lai, il costumista, ha anche costruito in modo molto caratterizzato
attraverso i costumi, le ha messo un sedere finto, scarpe con la punta molto
lunga, la parrucca bianca, è un po’ l’immaginario collettivo di una miss Marple.
Si è ispirata a qualche
miss Marple cinematografica o si è attenuta all’iconografia che da Agatha
Christie?
Non
c’è una sola miss Marple. Quando abbiamo iniziato a lavorare sull’operazione,
ci siamo documentati a livello di racconti, infatti non ci sono commedie di
miss Marple ma soltanto racconti, in questo caso Edoardo Erba ha drammatizzato
un racconto. Abbiamo guardato un po’ di telefilm piuttosto che i film storici
di miss Marple, leggendo appunto i racconti o leggendo la “bibbia” di miss
Marple cioè le caratteristiche di miss Marple. Non c’è né una sola, Agatha
Christie la descrive a volte vestita in un modo, a volte in un altro, allora
abbiamo cercato di mettere insieme un po’ le caratteristiche che ci facevano
gioco: questa signora che vive a St. Mary Mead, il nipote che la sostiene
economicamente; sola, molto pettegola e molto attenta a quello che le succede
intorno per cui ha sviluppato una tendenza molto acuta per risolvere i casi,
ama le piante ha un oleandro che lei ama tantissimo perché li cambia ogni anno
il colore dei fiori, ha un’oca che va a trovarla, ha problemi con le talpe che
le mangiano le piante, lavora a maglia e non riesce a fare un punto per cui disfa
e rifà il golf del nipote. Ha tutte queste caratteristiche e poi viene immersa
in questa situazione, in questa villa un po’ dell’orrore che è Stonygates.
Ha letto il romanzo da
cui è tratto lo spettacolo? O ne ha letti anche altri?
Li
abbiamo letti, poi la scelta è andata su Giochi
di prestigio perché sia Erba che Pierpaolo Sepe, il regista, hanno pensato
che potesse essere interessante il fatto che c’è il teatro nel teatro con lo
svelamento finale. L’unica cosa è che Agatha Christie scrisse dei lavori con
tantissimi personaggi e in teatro non è possibile farlo per noi, perché siamo
in otto.
Con questa esperienza
si è appassionata alla letteratura di Agatha Christie? O la conosceva già?
Io
Agatha Christie la conoscevo già anche perché mio marito Edoardo ha fatto un
sacco di riadattamenti dei romanzi, li ha tutti riscritti per la Mondadori. In
Italia Agatha Christie fino a un po’ di anni fa è stata nascosta, poi l’hanno rifatta,
ad esempio Gianluca Ramazzotti con Dieci
piccoli indiani. Si sta rivalutando questo tipo di teatro. Prima in Italia
era legata al teatro filodrammatico, ai saggi dell’Accademia, per esempio io
all’Accademia, con Calindri ho fatto Agatha Christie perché erano commedie con
tanti personaggi, quindi i ragazzi avevano tanti ruoli. Era un pochino
considerato teatro di serie B. E’ ben diverso in Inghilterra vedi Trappola per topi, mentre noi in Italia
siamo sempre un po’ più lenti, indietro e provinciali e adesso stiamo capendo
che uno la può fare, anche se è difficile perché Agatha Christie taglia i
personaggi con l’accetta, non li approfondisce molto, ma sono in funzione della
macchina che lei deve muovere.
Quant’è difficile
mettere in scena e recitare un giallo a teatro?
E’
difficile perché ci vogliono tanti ingredienti e poi è un tipo di teatro che
Pierpaolo Sepe non ha mai affrontato prima per cui per riuscire a capire,
bisogna lavorare molto sull’atmosfera, sulle musiche, sulle luci. Noi attori abbiamo
lavorato sul capire i punti di tensione, sul sentirci, sull’ascoltarci, sul
capire dove enfatizzare certi punti per far capire meglio al pubblico. Nella
prima scena io e Sabrina Scuccimarra dobbiamo dare mille informazioni, ci sono
quindici nomi, è tutto molto difficile, soprattutto anche riuscire a capire
come semplificare e spiegare con chiarezza la cosa. Ci abbiamo messo del tempo
perché non è semplice, con nomi che peraltro sono inglesi.
Progetti futuri?
Adesso
ho da far bene questo spettacolo e l’anno prossimo faremo quattro/cinque mesi
di tour, per cui la cosa principale è
fare questo, poi ci sono altre cose che si stanno muovendo ma non sono ancora
definite.