Il selvaggio west di Giacomo Puccini
di Gabriele Isetto
Dopo
aver toccato i palcoscenici di Lucca e Pisa è arrivato al Teatro Goldoni di
Livorno uno dei titoli meno noti della produzione di Giacomo Puccini: La Fanciulla del West. A differenza
delle altre opere del compositore lucchese, questa è una delle poche (insieme a
La Rondine e Gianni Schicchi) che ha un lieto fine. L’allestimento presentato ha
visto la regia di Ivan Stefanutti che ha curato anche scenografie, proiezioni e
costumi. Si tratta di una particolare produzione perché vede unita l’Italia con
gli USA ed in particolare con Opera Carolina e New York City Opera.
La
vicenda si svolge in un campo di minatori della California. In una taverna
gestita dalla bella Minnie, che è desiderata da tutti ed in particolare dallo
sceriffo Rance, giunge un misterioso straniero di nome Dick Johson. Proprio in
lui, la locandiera riconosce colui che ha incontrato e subito amato in passato.
Nel frattempo i minatori sono a caccia del bandito Ramerrez. Da qui partiranno
delle situazioni che condurranno al lieto fine dei due innamorati, cosa assai
rara nell’opera lirica.
Quest’opera
rompe con quella che è la tradizione operistica pucciniana e di conseguenza
coloro che non la conoscono stentano un po’ a entrare in sintonia con essa. La Fanciulla del West è più “musicale”
che “cantata” e prevede un grande impegno da parte del coro perché tante sono
le scene di massa. Molte sono anche le interazioni tra i protagonisti
principali (duetti ecc.) e potremmo dire che il solo pezzo solistico sia la
romanza del tenore “Ch’ella mi creda libero e lontano” nel finale dell’opera. I
cantanti, tra cui si sono distinti Kristin Sampson (Minnie), Enrico Marrucci
(Rance) e Enrique Ferrer (Ramerrez), hanno svolto il loro compito con alcuni
chiari/oscuri mentre il direttore d’orchestra James Meena, di fama
internazionale, ha guidato l’Orchestra della Toscana forse soffocando un po’ le
emozioni della partitura e l’orchestra in più occasioni ha sovrastato la voce
dei cantanti.
La
parte visiva dell’opera ricrea un West gelido e violento: la scenografia,
aiutata in maniera efficace dalle videoproiezioni dei paesaggi invernali e
delle condizioni climatiche, cambia di atto in atto grazie ad elementi mobili e
ad attrezzature che ricreano varie ambientazioni tipiche del selvaggio west,
specialmente nel primo atto per la locanda della “Polka”. Anche i costumi,
realizzati dall’Atelier Nicolao, rendono perfettamente l’idea del luogo dove ci
troviamo ed i cantanti indossano pesanti giacche di pelle, cappelli da cowboy, classici cinturoni con pistole;
il tutto rispettando una gradazione cromatica sui toni del marrone che si
adattano alla perfezione con la scenografia.
Le foto a corredo dell'articolo sono di © Andrea Simi