Il ritorno della Medea di Ronconi
di Gabriele Isetto
Il
Teatro Goldoni di Livorno ha aperto il 2018 con un allestimento molto
particolare della tragedia greca Medea di
Euripide, nella traduzione di Umberto Albini con la regia di Luca Ronconi, che “rivive”
grazie al giovane Daniele Salvo che ha ripreso il lavoro originale del regista
scomparso nel 2015.
Oggi,
come ventuno anni fa, il ruolo della protagonista è affidato a Franco
Branciaroli. Potrebbe risultare strano il fatto che un uomo interpreti una
parte femminile, ma lo stesso Branciaroli ci spiega: “Io non interpreto una
donna, sono nei panni di un uomo che recita una parte femminile. E’ molto
diverso” e questo perché il personaggio è ricco di atteggiamenti maschili, ed
esterna la sua femminilità come una maschera per portare le donne di Corinto
dalla sua parte.
La
storia si svolge a Corinto, ma da subito Ronconi stravolge tutto e troviamo in
scena delle scale, che rappresentano il luogo del potere, dei bauli, delle
poltroncine di un vecchio cinema, un letto di ferro e altri oggetti. In questa
straniante scenografia, curata da Francesco Calcagnini e ripresa da Antonella
Conte, entra in scena Medea, interpretata da un superbo Brancairoli. La protagonista non accetta il tradimento
dello sposo Giasone (Alfonso Veneroso) innamoratosi della figlia del re,
Creonte. La dea medita vendetta e ciò la porterà a compiere un gesto tremendo.
Nelle
note di regia di Daniele Salvo leggiamo: “Nel lavoro quotidiano di Ronconi il
testo veniva ribaltato, rigirato, consumato, divorato, masticato e rigettato,
per poi ritornare alla sua essenza”, e questo è stato fatto fin da subito con le
videoproiezioni iniziali di operazioni chirurgiche e di ribellione della natura,
ad evidenziare la ferocia della protagonista, che entra in scena con le mani
sporche del sangue del fratello, in
contrapposizione con altri video che in seguito presentano la routine di una città moderna, il mondo a
cui Medea avrebbe dovrebbe assoggettarsi. Al contrario la “barbara” Medea
distrugge questa perfezione annientando le generazioni future cioè i propri
figli!
La
regia ci offre una lettura moderna della tragedia soprattutto grazie al coro,
parte fondante dell’azione, e mette in evidenza non tanto i personaggi in
quanto tali, ma la funzione, l’idea che essi rappresentano.
Per
gli amanti di Ronconi, interessante il finale, in cui Medea si allontana sul
carro alato donatole dal dio Sole con ai piedi i cadaveri dei figli. Questa non
è semplicemente la rievocazione della mechanè
teatrale greca (meccanismo per sollevare o calare gli attori), ma è soprattutto
una cifra stilistica ed estetica di Ronconi che amava che i suoi interpreti si
muovessero grazie a meccanismi, come se questi fossero fili del destino.
Per
onestà bisogna dire che questo spettacolo, sicuramente bello ed interessante,
però non è per tutti, non è per un pubblico di neofiti. E’ rivolto ad un
pubblico scelto, che già conosce Ronconi, altrimenti accadrà che gli spettatori
rimangano quantomeno interdetti per non aver ritrovato la classicità che forse si
aspettavano.
Lo
spettacolo sarà in scena dal 13 al 29 marzo al Piccolo Teatro Strehler di Milano.