Una Tosca raffinata ma in parte divisiva nella regia di Alfonso Signorini
di
Gabriele Isetto
Dopo
aver firmato le regie di Turandot e La Bohème al Festival Puccini di Torre
del Lago, Alfonso Signorini torna nelle vesti di regista per il 71° Festival curando
il nuovo allestimento di Tosca.
Alcune
delle sue scelte registiche, pur partendo da intuizioni interessanti, spesso
hanno finito per distrarre il pubblico nei momenti più intensi dell’opera. Nel
secondo atto, ad esempio, viene mostrata in scena la stanza dove Cavaradossi
subisce la tortura, un’azione che tradizionalmente resta fuori scena: una
scelta che, anziché aumentare la tensione, forse sottrae forza drammatica al
confronto tra Scarpia e Tosca, spostando l’attenzione su ciò che avviene in
secondo piano. Nel terzo atto, durante la celebre aria “E lucevan le stelle”,
due ballerini mimano la storia raccontata da Mario, con un risultato
visivamente gradevole ma drammaturgicamente discutibile, poiché rischia di
distogliere lo spettatore dalla voce e dall’interpretazione del protagonista.
Infine, nel momento conclusivo dell’opera, quando Tosca si getta da Castel
Sant’Angelo, sullo sfondo appare un video in cui Scarpia sorride
diabolicamente, a sottolineare la vittoria simbolica del male: un’idea
concettualmente valida, ma che finisce per spezzare la tensione e sottrarre
attenzione al dramma della protagonista, proprio nel momento culminante e più
tragico. In generale, dunque, le trovate sceniche di Signorini, seppur
ricercate, rischiano di indebolire la narrazione più che arricchirla.
Giorgio
Croci, pur garantendo una buona coesione orchestrale, dirige tendendo a
dilatare in alcuni casi eccessivamente i tempi, generando un andamento
eccessivamente lento. Questa scelta ha obbligato i cantanti ad affrontante
fraseggi a volte troppo lunghi, portandoli quasi ad interrompere le loro arie
in modo forzato e poco naturale.
Spettacolare il coro che, sotto la guida di Marco
Faelli, ha incantato il pubblico nella sua perfetta esecuzione del Te
Deum.
Parlando
dei cantanti voglio partire dal migliore di tutti e cioè l’eccezionale Scarpia di Luca Salsi
perfetto per questo ruolo con la sua grande voce e un ottimo portamento scenico
che catalizza l’attenzione. Bravi anche gli altri due protagonisti, amanti
nella finzione e compagni nella realtà: Aleksandra Kurzak (Tosca) e Roberto
Alagna (Cavaradossi) entrambi più che convincenti sul palcoscenico ma con
qualche difficoltà negli acuti. Pur
essendo presente solo nel primo atto, buona la prova di Luciano
Leoni nel ruolo di Angelotti. Merita una menzione speciale il
brillante interprete di Spoletta, Francesco Napoleoni, davvero convincente sia
vocalmente sia dal punto di vista attoriale. Come ogni anno, Claudio
Ottino ci regala un sagrestano brillante.
L’aspetto visivo dell’opera è stato
davvero fantastico e suggestivo, soprattutto grazie alla scenografia, curata da
Juan Guillermo Nova, ricca di dettagli. In particolare, nel secondo atto, le
torce accese lasciavano la camera di Scarpia quasi nell’oscurità, creando
l’atmosfera di un luogo infernale. Notevoli anche i sontuosi costumi, firmati
dallo stesso regista, che si rifanno alla perfezione all’epoca storica del
libretto: la fine della Prima Repubblica Romana. Bisogna infine dire che questo
allestimento è stato piuttosto cupo, quasi dark, dove non c’è speranza di
salvezza per nessuno dei protagonisti.
E’ stata una piacevolissima serata.
Unica pecca, due intervalli troppo lunghi, raddoppiati rispetto al previsto, che
hanno infastidito il pubblico.
Le
foto a corredo dell’articolo sono di © Andreuccetti