Andrea Chénier: tra arte e storia

di Gabriele Isetto


Il Teatro Regio di Parma chiude la stagione lirica 2025 con Andrea Chénier di Umberto Giordano, un’opera ambientata durante la Rivoluzione francese e proprio per questo motivo non è possibile attualizzarla: il libretto di Luigi Illica è infatti ricco di riferimenti specifici a quel determinato periodo storico. Il regista Nicola Berloffa ha saputo cogliere appieno il significato più profondo della trama, ovvero il clima di terrore vissuto durante il Terzo Stato.


Uno dei punti di forza di questa produzione è stata la straordinaria direzione di Francesco Lanzillotta, che ha guidato l’Orchestra Filarmonica Italiana con intensità e precisione. Coniugando rigore analitico e slancio emotivo ha valorizzato la partitura di Giordano e l’efficacia teatrale del libretto, offrendo una narrazione potente e coinvolgente.
Non posso non nominare il Coro del Teatro che, sotto la guida di Martino Faggiani, ha dato forza e vitalità al popolo in rivolta.


Stellare il cast andato in scena. Tra tutti i protagonisti spicca il bravissimo Luca Salsi (Gérard) con una forte presenza scenica e una vocalità profonda e imponente e non si capisce come una signora del pubblico abbia potuto non gradire tanto da gridare, dopo i lunghi applausi dei presenti per “Nemico della patria”, “Era meglio Cappuccilli!” e per tutta risposta Salsi si è rivolto a lei dicendo “Sono d’accordo con lei signora”. Molto elegante la prova di Saioa Hernàndez (Maddalena di Coigny) che con il timbro luminoso rende molto credibile il carattere nobile del personaggio; anche a lei è stato chiesto il bis per la sua aria “La mamma morta”. Infine, ma non per ultimo, Gregory Kunde (Chénier) sfoggia una vocalità fenomenale, dal timbro morbido e coinvolgente, come ha ben dimostrato nell’aria finale “Come un bel dì di maggio”. L’unico limite della sua prova è stata una presenza scenica meno incisiva. La vicenda ruota attorno a questi tre protagonisti, ma merita di essere sottolineata anche la prova convincente degli altri interpreti: Arlene Miatto Albeldas (Madelon), Matteo Mancini (Mathieu), Natalia Gavrilan (Contessa), Andrea Pellegrini (Roucher), Lorenzo Barbieri (Fléville / Tinville), Enrico Casari (Incredibile), Anzor Pilia (Abate) e Eugenio Maria Degiacomi (Schmidt).


Come detto all’inizio dell’articolo il regista ha centrato il significato dell’opera e questo è stato sottolineato anche dalla scenografia e dai costumi. Justin Arienti ha progettato un impianto scenico fisso con alcuni elementi a richiamare il periodo storico: la riproduzione di due giganteschi dipinti presenti alla Reggia di Versailles ed una grande ed inquietante ghigliottina simbolo della morte e del terrore. Anche i fantastici costumi di Edoardo Russo richiamano l’epoca: dalla ricca borghesia iniziale si arriva gradualmente alla povertà.
Lo spettacolo sarà in scena anche il 6, 9 e 11 maggio. Se vi trovate a Parma non perdete questo meritevole allestimento.

Le foto a corredo dell’articolo sono di © Roberto Ricci

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