L’importanza della parola in Perfetti sconosciuti

di Gabriele Isetto



Molte risate, applausi a  scena aperta e riflessione: questi sono gli ingredienti che hanno portato al successo lo spettacolo Perfetti sconosciuti, tratto dall’omonimo film del 2016. Sia lo spettacolo che la pellicola cinematografica sono entrambi diretti da Paolo Genovese che, con l’adattamento teatrale, si trova alle prese con la sua prima regia per il palcoscenico.
La trama dello spettacolo (identica al film) racconta la storia di un gruppo di amici che si ritrovano a cena in casa di uno di loro e decidono di fare un “gioco”: ognuno di loro metterà sul tavolino il proprio cellulare e tutte le chiamate che arriveranno saranno ascoltate e i WhatsApp letti ad alta voce. La vicenda prosegue quasi come in un romanzo di suspense in cui lo spettatore si chiede “cosa accadrà ora?” fino ad arrivare a una sorpresa finale.


Molte sono le tematiche che emergono e, come giustamente afferma Genovese nelle sue note di regia, “Ognuno di noi ha tre vite: una pubblica, una privata e una segreta. Un tempo quella segreta era ben protetta nell’archivio della nostra memoria, oggi nelle nostre sim.” Infatti, nel corso della cena affioreranno tradimenti e segreti personali, come ad esempio il personaggio di Peppe che vuole tenere nascosta la sua omosessualità per non essere giudicato dagli amici, che useranno il termine gay nel modo più dispregiativo possibile. Lo spettacolo è sicuramente Infatti molto statico, perché non è importante l’azione, ma è fondamentale cosa viene detto e soprattutto come viene detto.
Grazie alla bravura dell’ottimo cast, composto da sette eccezionali attori, gli ottanta minuti di spettacolo trascorrono molto velocemente quasi senza accorgersene. Paolo Calabresi (Rocco) e Valeria Solarino (Eva) sono due personaggi che hanno un rapporto travagliato con la propria figlia. Anche Dino Abbrescia (Lele) e Lorenza Indovina (Carlotta) sposati e con due figli piccoli hanno i loro scheletri nell’armadio. Peppe (Emanuele Aita) vuole nascondere di essere gay. Infine, Marco Bonini (Cosimo) e (Alice Bertini), sposati da poco, hanno forse il problema più grande: lui aspetta un figlio da un’altra ragazza. Tutti portano avanti lo spettacolo in modo più che convincente ricevendo tantissimi applausi da parte del pubblico.


Molto bella la scenografia di Luigi Ferrigno. Il palcoscenico si trasforma nell’appartamento di Rocco ed Eva, ben arredato, forse sicuramente fin troppo ricco di arredi, quasi a voler dare un senso di claustrofobia. Alcuni spazi assumono un significato simbolico, come ad esempio il proscenio che rappresenta la terrazza ed il fondo è il bagno, dove i personaggi femminili si rifugiano di volta in volta a seguito della scoperta dei loro vari segreti.
Questo è uno spettacolo che fa riflettere ma che allo stesso tempo ti strappa anche qualche risata amara, perché come disse Pirandello “Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti”.

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