Trappola per topi: buona la recitazione, scarsa la regia

di Gabriele Isetto



C’è qualcosa che non convince nello spettacolo Trappola per topi di Agatha Christie andato in scena al Teatro Franceschi di Pavia. Il regista Giorgio Gallione, come si può leggere nelle sue note di regia, ha voluto dare un taglio attuale a questo classico del giallo con il risultato però di aver indirizzato la messinscena più sul comico che non su un dramma poliziesco.
Per chi non ha mai letto, o visto in televisione un adattamento di un giallo della Christie, questo spettacolo può risultare gradevole, chi però invece è un amante del genere avrà sicuramente storto la bocca.


La trama dello spettacolo è molto semplice: in una piccola pensione della campagna inglese un gruppo di persone si ritrova isolato da una bufera di neve e, naturalmente come in ogni giallo che si rispetti, viene commesso un omicidio ed il colpevole si trova tra i presenti.
Un cast di otto interpreti dà vita ai vari personaggi della vicenda. Su tutti spicca Ettore Bassi, attore di fama nazionale che con un’ottima recitazione si cala perfettamente nei panni del sergente Trotter. Molto bravi Claudia Campagnola e Dario Merlini rispettivamente Mollie e Giles Ralston, i proprietari della locanda, soprattutto la Campagnola grazie alla sua convincente mimica facciale. Marco Casazza (Maggiore Metcalf) è forse, dopo Ettore Bassi, il più bravo della compagnia che non  tradisce il personaggio immaginato dalla Christie. Convincente la recitazione di Tommaso Cardarelli (Signor Paravicini) che però nulla ha a che vedere con quello che la scrittrice aveva immaginato e cioè un individuo che incute timore; Il regista l’ha reso un personaggio stravagante, a mio parere senza un preciso perché. Molto brava Maria Lauria come signora Boyle, che rende molto bene il carattere odioso, tipico del ruolo, come risulta efficace la recitazione di Raffaella Anzalone nei panni della signorina Casewell. Ottima anche la prova di Stefano Annoni, forse il più simpatico del gruppo con il suo Christopher Wren.


A suo modo molto bella la scenografia di Luigi Ferrigno, ma che nulla ha a che vedere con il salotto di una tipica pensione inglese dell’epoca. Siamo più in una veranda, con un gigantesco albero sulla destra, poltrone per gli attori e grandi corna di cervo sparse sulle pareti. Non del tutto chiara, nel secondo atto, la presenza di un grande ed inquietante cervo dietro la vetrata, quasi come se tenesse d’occhio tutti.
Non convincenti, al limite del paradosso, i costumi di alcuni personaggi curati da Francesca Marsella. Giles Ralston per tutto lo spettacolo veste una maglietta con Topolino; La signora Boyle con il suo abito optical in bianco e nero, quasi potrebbe ricordare Crudelia De Mon, per non parlare  del signor Paravicini con orecchini, rossetto e un grande pelliccione bianco.


Altra piccola  pecca dello spettacolo è stata quella della musica, va benissimo inserire un brano strumentale (in questo caso La donna che visse due volte), ma non ad un volume tale da sovrastare le battute dei personaggi facendo perdere le parole, soprattutto se si tratta della confessione del colpevole.
Insomma, per concludere, gli applausi finali sono stati più che meritati per gli interpreti, che se li sono ampliamente guadagnati, poco convincente il resto.

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