L’Ernani dark firmato da Leo Muscato

di Gabriele Isetto


 
Dal 1965 non era più stato rappresentato a Firenze l’Ernani di Giuseppe Verdi e finalmente a distanza di tanto tempo questo titolo torna sul palcoscenico del Teatro del Maggio Musicale, con la  regia di Leo Muscato. Fin da subito gli spettatori hanno potuto notare che non ci troviamo più nel 1519, come vorrebbe il libretto di Piave, ma la vicenda è trasportata agli inizi dell’Ottocento in un’atmosfera visiva piuttosto dark che in un qualche modo fa da subito comprendere che ci troviamo di fronte ad un dramma e che non ci sarà un lieto fine.
L’orchestra ha il pregio di restituirci totalmente le varie sfaccettature e i colori della partitura verdiana grazie alla direzione del maestro James Conlon che dimostra ancora una volta tutta la sua esperienza nel restituire la tensione musicale senza mai ostentare e che si pone al servizio dei cantanti senza mai sovrapporsi ad essi.



Come in quasi tutte le opere di Verdi, il coro è fondamentale e anche Ernani non fa eccezione. Lorenzo Fratini ha guidato molto bene il coro che è risultato pienamente e magistralmente inserito nella trama.
Il cast è risultato davvero azzeccato per questo allestimento partendo dal protagonista Ernani interpretato dal famosissimo Francesco Meli che oltre ad avere un ottimo timbro vocale sa reggere perfettamente la scena, anche se bisogna dire che lo spettacolo è risultato essere piuttosto statico ad eccezione del coro un po’ più movimentato. Straordinario come sempre Roberto Frontali nel ruolo di Don Carlo, dotato di un potentissimo volume canoro. Nonostante la sua indiscussa bravura, stavolta la vocalità del soprano Maria Josè Siri non risulta adeguata per il ruolo di Elvira. Nulla da dire sulla potente voce di Vitalij Kowaljow che ha dato vita al personaggio di Silva in maniera più che convincente. Chiudono il cerchio tre artisti che interpretano personaggi di contorno ma che meritano di essere menzionati per la loro performance: Xenia Tziouvaras (Giovanna), Joseph Dahdah (Don Riccardo) e Davide Piva (Jago).


Riguardo l’allestimento dello spettacolo bisogna approfondire un pochino l’argomento. Iniziando dalla scenografia di Federica Parolini che è risultata semplice ed essenziale con le pareti mobili che venivano spostate da figure incappucciate. Inoltre il palcoscenico era pressoché vuoto, solamente alcuni oggetti di scena e arredi venivano portati di volta in volta per richiamare l’ambiente, come ad esempio una tavola imbandita che faceva comprendere che eravamo nella sala da pranzo. Molto belli i costumi in stile ottocentesco di Silvia Aymonino, in particolar modo quelli dei soldati che, soprattutto nel terzo atto risaltavano nella cupezza della scenografia e dei costumi degli altri personaggi, perché in quel momento l’azione si svolgeva “nei sotterranei sepolcrali che rinserrano la tomba di Carlo Magno in Acquisgrana”.
 
Le foto a corredo dell’articolo sono di © Michele Monasta

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