Tosca: da Napoleone al fascismo
di
Gabriele Isetto
Al
Festival Puccini, nella splendida cornice del Gran Teatro all’aperto Giacomo
Puccini, per la prima volta è stato ospitato Pier Luigi Pizzi, uno dei più
grandi registi internazionali di lirica e prosa, che ha messo in scena la sua interpretazione
di Tosca spostando l’azione dall’età
napoleonica al fascismo. Pensando al fatto che la vicenda dell’opera è
concentrata sulla figura di Scarpia che incute il terrore sul popolo, è stata
creata una buona soluzione perché questa tematica ricorre in tutte le epoche
storiche e oltretutto è molto attuale, basti pensare a quello che sta
succedendo con la guerra tra Russia e Ucraina.
Pizzi
ha ideato una convincente scenografia tutta bianca con elementi che rimandano a
Roma, la città in cui si svolge l’azione, eliminando però ogni riferimento
temporale: inizialmente sullo sfondo la cupola di San Pietro (unico elemento
che rimane sempre in scena), la famosa pietà di Michelangelo, due cappelle
laterali; poi man mano gli elementi vanno a scomparire fino a lasciare solo
l’altare da cui si getta Tosca. Spostando l’azione all’epoca del fascismo anche
i costumi, sempre di Pizzi, ovviamente devono cambiare, tutti richiamanti il
periodo: Scarpia e i suoi uomini indossano divise fasciste, mentre Tosca cambia
abito in ogni atto, molto bello quello del secondo atto, ma poco convincente
quello dell’ultimo atto. Si gioca molto sul contrasto tra bianco e nero.
Alla
direzione dell’Orchestra del Festival Enrico Calesso che ci trasporta verso la
tragicità degli eventi mantenendo un ritmo serrato, dando risalto alle parti
più struggenti della partitura, mettendosi al servizio dei cantanti.
Come
sempre bravissimo il Coro del Festival, guidato dal maestro Roberto Ardigò, che
ha spiccato durante l’esecuzione del Te
Deum. Da sottolineare la riuscita di questa scena anche grazie alle
comparse e ai costumi da loro indossati, in particolare dal clero, unico
sprazzo di colore nel dualismo cromatico precedentemente detto.
Alti
e bassi tra i cantanti. Fenomenale Roberto Frontali nel ruolo di Scarpia con
una potete voce da “cattivo” e che ha saputo reggere la scena con grande
maestria recitativa; Bravo il Cavaradossi di Ivan Magrì a cui sono andati
meritati applausi per la sua aria «E lucevan le stelle»; Karine Babajanyan ha
iniziato un po’ sottotono per poi espandere il suo timbro rendendo una
performance convincente; molto simpatico e bravo Giulio Mastrototaro (sagrestano) che ha reso la vivacità del suo personaggio; Accettabili William
Corrò (Angelotti) e Shohei Ushiroda (Spoletta) con una buona voce ma un po’
troppo statici scenicamente; Infine da citare anche tre personaggi di contorno:
Alessandro Ceccarini (Sciarrone), Ivan Caminiti (Carceriere) e Carola Finotti
(un pastorello).
Nel
finale il cast e il regista Pier Luigi Pizzi hanno raccolto i meritati
applausi.