Zio Vanja: la scenografia al servizio delle parole

di Gabriele Isetto



Čechov era un drammaturgo russo? Sì
E’ giusto metterlo in scena? Sì
Perché la cultura è pace e comunione tra i popoli, non certo guerra.
Non è certo semplice mettere in scena un testo molto lungo e difficile come quello di Zio Vanja che ha chiuso la stagione di prosa del Teatro del Giglio di Lucca perché richiede molta attenzione e concentrazione sulle molteplici tematiche, soprattutto sul concetto della giovinezza. Da una parte la giovinezza perduta del vecchio Vanja il quale è innamorato, ma non corrisposto, di Elena, dall’altra la giovinezza attuale di Sonja che desidera una storia d’amore con il dottor Astrov che però non è interessato. Ciò porta ad esaminare un altro aspetto legato al dramma, il rimpianto.
Lo spettacolo, prodotto da Associazione Teatrale Pistoiese, è stato diretto da Roberto Valerio che ha praticamente “spogliato” l’aspetto visivo dello spettacolo per concentrarsi sulle parole del drammaturgo russo.


All’aprirsi del sipario gli spettatori si trovano davanti una scenografia estremamente essenziale composta solamente da una vecchia credenza e un tavolo e nel corso del dramma ogni tanto appaiono degli elementi simbolici (come ad esempio una botte, un’altalena e un pianoforte) perché, come afferma il regista, sono arredi della vita quotidiana e non riconducibili ad una classe sociale o un periodo specifico, in modo tale che ogni spettatore possa identificarsi in questa storia. Il discorso è giustissimo ma, a parere di chi scrive, la scenografia era fin troppo essenziale e forse sarebbe stata ugualmente apprezzata anche con l’aggiunta di qualche ulteriore arredo di scena. L’affermazione di Valerio vale anche per i semplici ma adeguati costumi, firmati da Lucia Mariani.
Per quanto riguarda il cast si sono particolarmente distinti per la loro perfetta recitazione e ottima presenza scenica Giuseppe Caderna (Zio Vanja), Vanessa Gravina (Elena) e Pietro Bontempo (Astrov). Gli altri membri della compagnia  hanno ricoperto i loro ruoli in maniera adeguata ma senza picchi di eccellenza: Mimosa Campironi (Sonja), Alberto Mancioppi (il professore), Elisabetta Piccolomini (Marjia) e Massimo Grigò (Telegin).
 
Le foto di scena a corredo dell’articolo sono di © Ilaria Costanzo

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