Ottima la regia di Rosetta Cucchi per L’amico Fritz di Pietro Mascagni

di Gabriele Isetto



Dopo il successo di Cavalleria rusticana, nel 1891 il compositore Pietro Mascagni si dedicò alla commedia lirica L’amico Fritz, opera non molto rappresentata ma che invece meriterebbe molta più attenzione da parte dei teatri, cosa che è stata fatta dalla Fondazione del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino che ha messo in scena questo titolo nella sala del Nuovo Auditorium Zubin Mehta, affidando la regia a Rosetta Cucchi.
Mascagni scrisse l’opera in tre atti e su questo particolare la regista ha giocato bene, creando invece uno spettacolo della durata di un'ora e quaranta minuti senza intervallo facendone un godibilissimo spettacolo anche grazie all’accuratezza nella regia, alternando parti classiche con trovate molto divertenti come ad esempio quando i personaggi di Federico ed Henzò prendono in giro il rabbino o quando Caterina suggerisce a Suzel la storia della bibbia.


L’azione nel libretto si svolge in Francia ma Rosetta Cucchi la trasporta in America e non disturba affatto vedere la casa di Fritz trasformata in un bar e la vigna di Suzel in una cantina dove si produce il vino. Questa è stata una buona scelta perché, a differenza di altre opere, L’amico Fritz è un titolo che può essere tranquillamente attualizzato o ambientato in qualsiasi luogo, senza togliere nulla alla trama.
Un ottimo lavoro è stato fatto da Gary McCann che ha creato una scenografia ricca e dettagliata anche grazie ai fondali che rappresentano, nel primo e terzo atto, la New York degli ultimi anni del Novecento e nel secondo atto un paesaggio di campagna. Buoni anche i costumi, curati dallo stesso McCann, tutti inerenti all’epoca in cui la regista ha ambientato l’opera.


L’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, diretta da Riccardo Frizza, ha molto ben eseguito la partitura grazie al direttore che ha dimostrato quanto l’opera fosse nelle sue corde, dando un efficace tocco soggettivo senza mai perdere di vista l’attenzione verso i cantanti e la scrittura del compositore.
Eccellente tutto il cast: nel ruolo dei due protagonisti Fritz e Suzel vediamo rispettivamente Charles Castronovo (al suo debutto nel ruolo) e Salome Jicia entrambi con un buonissimo timbro vocale, in particolare Salome rende molto bene l’idea che la regista ha voluto dare del maturamento del personaggio: quasi una ragazzina nel primo e secondo atto fino a diventare una donna matura nel terzo. Preparato e ferrato come sempre Massimo Cavalletti che con il suo canto baritonale interpreta al meglio il ruolo di David il rabbino. Come da tradizione, essendo lo zingaro Beppe un mezzo soprano, il ruolo è ricoperto da una donna, qui magistralmente interpretato da Teresa Iervolino. Veramente bravi e simpatici gli interpreti della coppia di amici di Fritz: Federico (Dave Monaco) e Hanezò (Francesco Samuele Venuti) entrambi con un colore vocale molto ben curato e una recitazione spigliata. Infine, ma non meno importante, la bravissima Caterina Meldolesi nel ruolo di Caterina, la governante di Fritz, che in questa versione si trasforma in una barista.
 
Le foto a corredo dell’articolo sono di © Michele Monasta

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