Bartleby lo scrivano: dal racconto al palcoscenico
di
Gabriele Isetto
Al
Teatro Goldoni di Livorno è andato in scena il breve spettacolo di ottanta
minuti prodotto da Arca Azzurra, Bartleby
lo scrivano, tratto dall’omonimo
racconto di Herman Melville la cui regia, molto ben curata nei particolari come
ad esempio l’arredamento o l’uso del telefono candeliere, è stata affidata ad
Emanuele Gamba, nonché direttore artistico del Teatro livornese.
Non
è mai facile adattare un romanzo o un racconto per il teatro (o per il cinema)
perché ciò comporta dover fare delle scelte e dei cambiamenti. Questo il lavoro
che è stato fatto da Francesco Niccolini da cui è scaturito un copione forse un
po’ troppo didascalico con due cambiamenti rispetto al racconto: è stato
aggiunto un personaggio, ma soprattutto è stata cambiata l’età del
protagonista, nel testo infatti è un giovane nel pieno della vita mentre qui è
un uomo che ormai ha superato i sessanta.
In
scena ci sono sei attori, tra cui spicca l’eccellente Leo Gullotta che si è
distinto per la sua padronanza del palco e ha ricevuto applausi ancor prima che
dicesse la sua prima battuta; altro attore veramente bravo che si è differenziato
dal resto della compagnia è stato Dimitri Frosali nel ruolo dell’avvocato
titolare dello studio legale. Tutti gli altri sono stati sullo stesso buon
livello recitativo: Lucia Socci, Massimo Salvianti, Giuliana Colzi e Andrea
Costagli.
Bella
e suggestiva la scenografia di Sergio Mariotti, che ci restituisce un tipico
studio di metà Ottocento con una finestra in alto ed irraggiungibile, che assume
un particolare significato nel corso della storia. Interessante l’uso delle
luci di Marco Messeri quasi alla “Caravaggio”, che scandiscono lo scorrere del
tempo e i cambi di luoghi. Inerenti e tipici dell’epoca i costumi, molto
formali, curati da Giuliana Colzi.
Le
foto di scena a corredo dell’articolo sono di © Luca Del Pia