Madama Butterfly: cantando sotto la pioggia
di
Gabriele Isetto
Cantando
sotto la pioggia: questo potrebbe essere un buon titolo per l’ultima replica di
Madama Butterfly di Giacomo Puccini
andata in scena a Torre del Lago, una serata un po’ caotica a causa del meteo
che però alla fine ha portato al buon successo di questo spettacolo in un
allestimento in coproduzione con l’Opèra Royal de Wallonie-Lìege e firmato dal
regista Stefano Mazzonis di Pralafera.
Parlando
dell’esecuzione musicale dell’opera bisogna ahimè tenere conto della pioggia
che ha tolto parte della magia della musica pucciniana: il maestro Alberto
Veronesi, durante il primo e metà del
secondo atto, ha diretto egregiamente e con la sua solita carica l’Orchestra
del Festival Puccini poi, purtroppo, uno scroscio d’acqua ha obbligato i musicisti
a lasciare la scena al Maestro che ha portato a termine l’opera al pianoforte.
Ottimo
come sempre il coro guidato da Roberto Ardigò che è riuscito a completare tutto
il primo atto senza andare incontro al rovescio atmosferico, mentre per
l’esecuzione del famoso coro muto del secondo atto non ci sono stati problemi
dal momento che canta fuori scena.
La
trama di Madama Butterfly è ricca di
personaggi, anche minori, e questo comporta un buon numero di cantanti a cui va
una menzione particolare visto che hanno eseguito metà opera solo con l’aiuto
del pianoforte. Tra tutti però si sono distinti: Karine Babajanyan (Cio Cio
San) che ha dato una buona impronta al personaggio della protagonista;
bravissimi e applauditi anche a scena aperta Annunziata Vestri (Suzuki) e
Angelo Fiore (Pinkerton). Da ricordare però anche gli altri: Stefan Ignat
(Sharpless), Marco Voleri (Goro), Daniele Caputo (Yamadori), Manrico Signorini
(zio Bonzo), Luca Bruno (commissario imperiale), Alberto Petricca (ufficiale
del Registro), Alessia Thais Berardi (Kate), Sandra Mellace (la madre),
Beatrice Cresti (la zia), Filippo Lunetta (Yakuside) e Anna Russo (la cugina).
Jean-Guy
Lecat ha ideato una ricca scenografia che potremmo dire che è a cavallo tra la
classicità e la modernità: nel il primo atto è presente la machiya, tipica casa giapponese con annesso il classico giardino
orientale. L’unica scena per il secondo e terzo atto invece è completamente
innovativa e contemporanea: un condominio moderno sempre con il giardino, per
simboleggiare i cambiamenti e la nuova vita di Cio Cio San dopo il matrimonio
con Pinkerton. Anche i costumi di Fernando Ruiz seguono questo filone: nel
primo atto la protagonista indossa il classico kimono, poi un semplice abito da donna moderna in contrasto alla
classicità di Suzuki.
Interessante
anche l’innovazione registica che riguarda il figlio di Butterfly, che in
realtà non esiste, ma è una sua invenzione, quindi Pinkerton e la moglie
americana non lo potranno portare via con loro. Tutto questo però non comporta
nessun cambiamento sostanziale alla trama e soprattutto al tragico finale,
applaudito dai pochi spettatori rimasti sotto la pioggia.
Purtroppo
sempre a causa del maltempo non è stato possibile vedere un altro cambiamento
registico decisamente azzardato e andato in scena nelle altre repliche, cioè
Pinkerton che arriva in elicottero invece che in nave, anche se non so bene
come questo possa esser coerente con l’aria «un bel di vedremo» in cui
Butterfly aspetta il come segnale dell’arrivo dell’amato un fil di fumo di una
nave.