I tormenti della Lucia di Lammermoor secondo Stefano Vizioli
di Gabriele Isetto
Dopo
il successo riscosso al Teatro Verdi di Pisa, è andata in scena anche al Teatro
del Giglio di Lucca la Lucia di
Lammermoor di Gateano Donizetti. Il regista Stefano Vizioli, che ricopre
anche la carica di direttore artistico per la stagione lirica del Teatro Verdi
di Pisa, ha deciso di mettere in scena l’opera nella sua versione integrale (edizione
critica di Jesus Lopez Cobos) riproponendo molte arie che di solito vengono
tagliate e inoltre ha trasposto la vicenda nell’ottocento, secolo in cui il
maschilismo era fortemente predominante.
La
vicenda dell’opera, tratta dal romanzo La
sposa di Lammermoor di Walter Scott, racconta della tormentata e tragica
storia d’amore tra Edgardo e Lucia che fanno parte di due famiglie da sempre
rivali e già per questo non può non venire in mente la famosa vicenda di Romeo
e Giulietta, infatti ci troviamo in un’opera molto simile sotto certi aspetti,
soprattutto per il tragico finale.
Il
maestro Michael Gűttler ha ben diretto l’Orchestra della Toscana tra i cui
strumenti era presente una vera “chicca” la glass-harmonica, cioè uno strumento
a bicchieri che fu creato da Benjamin Franklin nel 1761 e che Donizetti volle
assolutamente per la prima dell’opera nel 1835.
Finalmente
il soprano Sarah Baratta si è esibita nel ruolo della protagonista dopo la sua
indisposizione al Teatro Verdi di Pisa ottenendo un ottimo risultato per un
ruolo non facile, grazie al tuo timbro di voce che ha portato il pubblico ad
applaudirla a scena aperta soprattutto nella famosa scena della pazzia; poco
convincente purtroppo, come sottolineato anche dal pubblico, Alessandro Luciano
nel ruolo di Edgardo che si è ripreso a fine opera nella sua ultima area “Tu
che a Dio spiegasti l’ali”; Al contrario Alessandro Luongo (Lord Enrico Ashton)
ha saputo dominare la scena grazie sia alla sua vocalità che alla sua presenza
scenica. Bravi anche gli altri cantanti: Carlos Natale (Lord Arturo), Andrea
Comelli (Raimondo), Valeria Tornatore (Alisa) e Didier Pieri (Normanno) come un
buon successo ha riscosso il Coro Ars Lyirica, diretto dal maestro Marco
Bargagna.
Il
regista, come già detto, ha ambientato l’opera nell’ottocento e non nel XVI
secolo come richiede il libretto, riuscendo però a mantenere intatta l’idea dark che questa storia ci propone (si potrebbe pensare quasi a un film di Tim
Burton) con una scenografia, ideata da Allen Moyen, piuttosto cupa con tombe e
lapidi sullo sfondo, il tutto debolmente rischiarato dalle luci disegnate da Michele
Della Mea. Anche i costumi, in perfetto stile ottocentesco, ben si sposano con
la cornice che li avvolge.
Le
foto a corredo dell’articolo sono di ©Andrea Simi