Intervista a Francesco Italiani
di Gabriele Isetto
Dopo
il successo dello scorso anno, nei teatri italiani torna il musical La febbre del sabato sera. Per questo
debutto il nuovo protagonista, Francesco Italiani, poco prima che si alzasse il
sipario al Teatro Nuovo di Milano sabato 6 ottobre 2018, mi ha concesso
un’intervista
Tu nasci come ballerino
e coreografo alla Step Company, come hai inserito anche il canto potendo così
diventare il protagonista di questo spettacolo?
Io
suono la chitarra da quando avevo 12 anni, in realtà ho iniziato prima a cantare
e suonare e poi a ballare, infatti ho iniziato a 14 anni, perché io suono il
canto blues. In realtà io ho sempre
cantato, ho studiato canto ma in maniera molto saltuaria, poi negli ultimi anni
ho visto questa realtà del musical che per me è “abbastanza recente”, perché in
realtà nasco e muoio come ballerino, e da lì mi sono appassionato anche al
canto, alla recitazione e a tutte le forme di arte che fanno parte del musical.
Puoi parlarmi del ruolo
di Tony Manero?
Il
ruolo di Tony è un ruolo molto molto difficile da fare, perché sembra semplice
ma in realtà è molto difficile. Il problema è semplicemente questo: devi
rappresentare un ragazzo di vent’anni di una periferia di una grande città, lui
è un fico, ma in realtà è un ragazzo molto semplice, è molto difficile da
interpretare perché le indicazioni di Claudio Insegno sono state quelle di non
essere mai cattivo ma di risultare sempre molto semplice e simpatico ed è
difficile da fare, però è uno dei personaggi più belli che abbia mai fatto.
Quant’è stato difficile
per te interpretare Tony, un giovane ragazzo degli anni ’70, quindi una
generazione molto diversa dalla nostra e con altre priorità?
Il
problema è proprio la difficoltà di immedesimarsi in un ragazzo degli anni ’70
dove non c’erano cellulari, non c’era internet, come abbiamo noi oggi. Questo è
stato molto difficile ma anche interessante, io ho visto il film trecento volte
e conosco bene quel periodo perché mi piace molto musicalmente.
Se tu dovessi fare un
promo dello spettacolo, cosa diresti? Come cattureresti il pubblico?
Non
direi nulla, direi solo che lo spettacolo è bello, ed è ben fatto e che lo
spettacolo funziona già di suo perché musicalmente è bello, la storia è bella,
ha milioni di spunti. Non puoi non amarlo sia a livello musicale che di
sceneggiatura, perché secondo me nella sua semplicità è geniale.
Progetti futuri?
Finito questo, inizierò Dirty Dancing e poi riprenderò un Bolero a Losanna come primo
ballerino e a maggio sarò con la compagnia del Balletto Italiano dove già ho
lavorato l’anno scorso come coreografo ospite e formerò un mio nuovo spettacolo
che sto scrivendo.