Giulio Cesare di Shakespeare al Teatro Goldoni di Livorno
Venerdì
2 e sabato 3 febbraio, ore 21 – Teatro Goldoni
Per la Stagione di Prosa (sezione “Classica”)
Giulio Cesare
di William
Shakespeare
Traduzione di Sergio Perosa
adattamento e regia Alex Rigola
interpreti e
personaggi
Michele Riondino Marco
Antonio
e con
Maria Grazia
Madruzzato Giulio Cesare
Stefano Scandaletti Bruto
Margherita Mannino Cassio
Leda Kreider Porzia
Francesco Wolf Casca
Eleonora Panizzo Decio
Pietro Quadrino Metello
Riccardo Gamba Lepido
Raquel Gualtero Cinna
Beatrice Fedi Ottaviano
Andrea Fagarazzi Servitore
spazio scenico Max Glaenzel
spazio sonoro Nao Albet
illuminazione Carlos Marquerie
Costumi Silvia Delagneau
assistente alla regia Lorenzo Maragoni
Una produzione del Teatro Stabile del
Veneto - Teatro Nazionale
Sabato
3 febbraio, ore 18 presso la Sala Mascagni del Goldoni
la Compagnia incontra il pubblico
Conduce
l’incontro la giornalista Maria Teresa Giannoni. Ingresso libero
William
Shakespeare scrisse Giulio Cesare nel 1599, ispirandosi in parte a fatti
storici e in parte alla traduzione di Sir Thomas North delle “Vite dei nobili
greci e romani” di Plutarco. L’opera comprime i tre anni che vanno dalla
vittoria di Munda nel 45 a.C. al suicidio di Bruto nel 42 d.C. per farli durare
meno di sei giorni. Questa compressione degli eventi fa sì che l’intera
narrazione sia un unico, ininterrotto conflitto, sia a livello personale che
politico.
Un conflitto
che attraversa anche la nuova versione del più celebre dramma storico
shakespeariano, affidata dal Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale allo
spagnolo Àlex Rigola, e che trova in Michele Riondino, apprezzato attore di
cinema, teatro e televisione, l’interprete ideale per il ruolo del nobile Marco
Antonio.
Direttore
della Biennale Teatro di Venezia, Rigola realizza la sua prima regia italiana
tornando all’opera che lo fece scoprire a livello internazionale. Un testo
epico, intenso ed appassionante, che ruota intorno all’esercizio del potere, in
questa versione impersonato da una donna, Maria Grazia Mandruzzato, nel ruolo
di Cesare.
In lei si
raccolgono le tante espressioni di “donne al comando” che al giorno d’oggi,
nella politica come nell’economia, gestiscono le leve del potere con la stessa
inflessibile determinazione dei loro omologhi uomini, se non di più. È la
dimostrazione che, al di là delle questioni di genere, tutta l’umanità è per
sua natura soggiogata dalla fascinazione che esercita il predominio dell’uno
sull’altro. Del resto chi incarna il potere ha gioco facile nel condizionare
un’umanità alienata, immobile, ferma sulle proprie posizioni, quasi rassegnata,
riluttante a mettersi in gioco per cambiare lo stato delle cose.
Vivere
appesi ad un filo, in uno stato di precarietà, di contraddizione continua, di
violenza pervasiva e latente: da questa condizione umana prende avvio la strada
che Rigola ha scelto di percorrere per guidare il lavoro dei 12 attori in
scena. Come si può gestire la violenza che divide gli uomini? Come si fa a
chiedere a qualcuno, anche se solo per finzione, di uccidere un proprio simile?
Quali sono i presupposti da cui partire per organizzare una rivoluzione?