Convince la modernità di Pia de’ Tolomei

di Gabriele Isetto



Era dal lontano 1862 che non veniva più rappresentata a Livorno l’opera Pia de’ Tolomei di Gaetano Donizetti, quindi una rarità che non viene quasi mai eseguita ed è per questo che il regista Andrea Cigni ha deciso di affrontarla, rispettandone il libretto (scritto da Salvatore Cammarano) ma aggiungendo un ingrediente interessante: mentre il fatto originale si svolge a Siena nella seconda metà del 1200 durante gli scontri tra guelfi e ghibellini, il regista l’ha trasposta a cavallo tra gli anni 30 e 40, mettendo in scena il conflitto tra fascisti e antifascisti. La Pia presentata da Cigni diventa una conservatrice di opere d’arte, che vuol proteggere dallo scoppio dell’imminente conflitto. A differenza di ogni volta in cui le opere sono stravolte, o addirittura viene cambiato il finale (vedi la Carmen di Bizet andata da poco in scena al Maggio Musicale Fiorentino) per il puro scopo di far discutere ma senza alcun senso, in questo caso l’esperimento è riuscito perché viene dimostrata l’universalità della tematica del potere e sottolineato come esso sia attuale in qualsiasi epoca.
La cupezza della partitura dell’opera è resa in maniera adeguata dalla gravità dei suoni dell’Orchestra della Toscana guidata da Christopher Franklin.
Cammarano narra la vicenda prendendo spunto dall’omonima novella di Bartolomeo Sestini e i personaggi che ci presenta sono: Pia (interpretata da una brava Francesca Tiburzi che ha ricevuto il maggior numero di applausi), suo marito Nello (Valdis Jansons dal bel timbro vocale e con un’ottima presenza scenica), Ghino cugino di Nello e innamorato di Pia (Giulio Pelligra convincente nel canto e abile nella parte recitativa), Rodrigo fratello di Pia (interpretato come nell’originale da una donna, perché contralto, dalla capace Marina Comparato), Ubaldo (Giuseppe Raimondo, credibile nel suo ruolo sia per timbro vocale sia per la recitazione, fatto non secondario, ma spesso trascurato,dai cantanti lirici).



In questo spettacolo non solo ha funzionato il cambiamento di epoca d’ambientazione e conseguentemente l’attualizzazione delle tematiche che contiene, ma anche l’aspetto visivo perché  i costumi di Tommaso Lagattolla rispecchiano l’epoca in cui Cigni ha ambientato l’opera e si nota che è stato fatto un buon lavoro di ricerca e perchè Dario Gessati ha una scenografia geometrica, in cui prevalgono le forme cubiche, che contiene, soprattutto nella prima parte, diversi dipinti d’arte che Pia custodisce insieme ad altre restauratrici cioè il coro (nel libretto di Cammarano le damigelle). Sarà proprio uno di questi dipinti, Pia de’ Tolomei di Eliseo Sala (1846), il preferito della protagonista, a fare da sfondo nel finale dell’opera e che la renderà un personaggio immortale nella storia dell’arte, ma soprattutto nella letteratura, grazie ai famosissimi versi del V canto del Purgatorio dantesco: «Ricorditi di me, che son la Pia; Siena mi fé, disfecemi Maremma». 

Le foto a corredo dell'articolo sono di ©Imaginarium Creative Studio

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